I cocktail dell’estate, ricette e curiosità dei drink vintage più amati

da | Lug 25, 2018 | Le Vintagerie

Che Estate sarebbe senza cocktail? Consumati al mare al tramonto, a bordo piscina o durante un aperitivo in città, sono un must della stagione calda e non solo.

Mojito, Daiquitiri, Cosmopolitan, ce n’è per tutti i gusti! Ma sono in molti a non conoscere la storia e le ricette dei cocktail più amati, che spesso serbano un’impronta vintage.

E quando si parla di vintage non possiamo che entrare in gioco noi, proponendovi un viaggio nel tempo, dal 1920 al 1980, alla scoperta di aneddoti e ricette dei cocktail retrò più amati e rappresentativi di ogni decade.

1920 – Southside

Iniziamo dai  Ruggenti Anni 20, gli anni del jazz e del charleston, di Fiesta e del Grande Gatsby, Fitzgerald, Al Capone. Gli anni del Proibizionismo, in cui per bere alcol ci si ritrovava negli Speakeasy, in cui si poteva accedere soltanto conoscendo la parola segreta. Il cocktail sicuramente più rappresentativo di questi luoghi era il Southside. La leggenda narra che il suo nome indicherebbe la la zona sud di Chicago, dove venivano smerciati distillati di pessima qualità, infatti per migliorarne il sapore la ricetta prevede sei parti di gin, 2 di succo di lime, 2 di sciroppo di zucchero e 7 foglie di menta. Si prepara nello shaker riempito per metà con il ghiaccio, si versa nella coppetta e si decora con la menta. Pare che, vista la sua origine, fosse il cocktail prediletto da Al Capone.

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1930 – Mojito

Estate fa rima con Mojito! Ma da dove deriva la ricetta del cocktail estivo più richiesto a base di rum, lime, menta e zucchero di canna? Dal lontano 1500, quando nel mar dei Caraibi imperversavano i pirati, tra i più famosi Francis Drake, cavaliere della corona inglese non proprio esemplare. E’ da lui che deriva  El Draque, bevanda ideata proprio durante l’assedio de L’Avana nel 1586 – a base di zucchero di canna, succo di lime, foglie di hierbabuena (nome forse un po’ allusivo, ma si tratta solo della menta selvatica cubana), acqua e aguardiente (o tafia), un’acquavite distillata dalla canna da zucchero. Questo antenato del Mojito svolgeva perfettamente il compito di scaldare gli animi dei marinai e anche di non far marcire l’acqua nelle botti, dove era appunto pre-diluito; il lime invece con la sua vitamina C combatteva la malattia che si diffondeva sulle navi, lo scorbuto. Il Mojito come lo conosciamo oggi comparve dalla seconda metà dell’Ottocento con la nascita del vero rum, quando cioè Don Facundo Bacardi y Massó perfezionò le tecniche di distillazione e invecchiamento fondando poi l’omonima distilleria, ma il suo successo arrivo solo negli anni ’30, quando Ernest Hemingway, noto per sue doti letterarie quanto per quelle di bevitore, si trasferì all’Avana. Qui a La Bodeguita del Medio Hemingway era solito consumare il suo Mojito “speciale”, con rum bianco e rum scuro miscelati insieme.

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1940 – Moscow Mule

Ci spostiamo nel 1941 New York, in un bar gestito da due imprenditori alle prese con i debiti, è qui che nasce uno dei cocktail più ordinati oggi il Moscow Mule. Un giorno, tra i clienti, capita John G. Martin, distributore della vodka Smirnoff che non riesce ad essere apprezzata negli Stati Uniti, dall’altra parte del tavolino, c’è Jack Morgan, il proprietario del locale più frequentato di Hollywood, che sta provando a lanciare il suo Ginger Beer, un drink a base di zenzero. I due hanno un’idea geniale che dà origine al Moscow: combinare i due ingredienti aggiungendo un po’ di lime per creare un long drink unico. La leggenda, però, continua con un aneddoto molto affascinante: pare che il nome “Moscow Mule” derivi da un’imprenditrice, seduta a quel tavolino, che doveva smaltire uno stock di tazze mug con su stampato un asinello ed è, probabilmente, la prima tazza in cui fu bevuto questo cocktail. Le ragioni della tazza di rame potrebbero essere molto diverse: il rame si raffredda velocemente perché è un ottimo conduttore e, in secondo luogo, l’interazione con il lime conferirebbe quel gusto particolare e unico che ha il Moscow Mule. Durante gli anni della guerra, il cocktail non viene più richiesto a causa del suo nome ma, negli ultimi tempi è tornato  prepotentemente di moda con l’aggiunta di un cetriolo, ingrediente non presente nella ricetta originale. Per realizzarlo Riempi un bicchiere di ghiaccio con l’aggiunta di un paio di fette di zenzero fresco, versa la vodka e il succo di lime. Colma il bicchiere con il ginger beer e mescola bene. Servi con un paio di fette di cetriolo e menta fresca.

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1950 – Margarita

Margarita, un cocktail che è la quintessenza dell’eleganza, ma anche il simbolo del Messico, visto che l’ingrediente principale è la tequila. Ed è  proprio qui che nasce la sua storia. Siamo negli anni ’50 all’hotel La Gloria Ranch di Tijuana, dove soggiornava l’attrice Marjorie King, la donna grande amante della tequila ma “allergica” al gin suggerì di aggiungerla al White Lady, fu così che nacque questo famoso cocktail che ancora oggi porta il suo nome (Marjorie tradotto in spagnolo è Margarita). La ricetta prevede: tequila, triple sec e succo di lime o limone, racchiudendo tutto il sapore del Messico!

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1960 – Martini

Il drink simbolo degli anni ’60? Il Martini cocktail, ovvio! Vermouth e vodka filtrati in una coppetta Martini, ghiacciata e la mitica guarnizione di olive in salamoia. Una ricetta semplice per il cocktail più glamour di sempre. Il giornalista Henry Louis Mencken definì il Martini cocktail “l’unica invenzione americana perfetta come un sonetto”. Sulla perfezione non si discute, ma sulle origini sì. Per alcuni, va ricercata nella nobilissima professionalità di Jerry Thomas, il re dei cocktail, autore del primo ricettario  sull’arte di miscelare gli alcolici e inventore del Martinez; se il Martinez, codificato già negli anni ‘80 dell’Ottocento, possa considerarsi un precursore del Martini, va indagato nei suoi ingredienti: vermouth rosso, gin, scorza di limone o una voluttuosa ciliegia. Chi non si è lasciato convincere, può affidarsi a altre versioni del mito. I patriottici che non vogliono lasciare nulla all’America possono attribuire il Martini al talento del barista italiano che, nel Knickerbocker Hotel di New York, avrebbe con questa trovata omaggiato John D. Rockefeller, annoiato dal suo solito Gin and French. I francesi preferiranno credere alla figura di Julio Richelieu, un barman trapiantato a San Francisco che avrebbe reso onore a un generoso minatore con il nuovo cocktail. La trovata dell’oliva deriverebbe nel primo caso dalla necessità (finiti gli stuzzichini, il barman originario di Arma di Taggia, in Liguria, si sarebbe visto costretto a offrire le olive della sua scorta personale); nel secondo dalla volontà di stemperare  i sentori iodati del vermouth. La connessione più facile, poi, è con la storica azienda Martini & Rossi, attiva fin dalla metà dell’Ottocento. Il Martini come icona degli anni ’60 non poteva che diventare il cocktail di James Bond. Un Vodka Martini agitato, non mescolato” chiedeva il primo James Bond interpretato da Sean Connery  nel 1962. 

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1970 – Tequila Sunrise

l nome del drink sunrise, in inglese alba è dovuto all’effetto cromatico del drink, per il fatto che lo sciroppo di granatina, se non mescolato come prevede la ricetta, non si amalgami completamente al resto degli ingredienti. Si dice che il nome derivi da barman di San Francisco che era rimasto a bere e a gozzovigliare con gli amici fino all’alba nel locale dove lavorava. Al mattino, all’arrivo del titolare, non sapendo come giustificare il suo comportamento, si inventò la scusa di aver lavorato tutta la notte per inventare un nuovo, eccezionale drink: messo alla prova, lo avrebbe creato in pochi minuti, seguendo la sua ispirazione del momento, e, a sorpresa, convincendo il suo datore di lavoro sia per l’estetica che per il gusto, ricevendo in premio addirittura una promozione e un aumento di stipendio. La ricetta originale che prevedeva soda water e lime è stata rielaborata negli anni 70 da Bobby Lazoff e Billy Rice, bartender al Trident di Sausalito, in California e prevede una parte di Tequila, due parti di succo d’arancia e granatina. Al cocktail sono dedicati almeno due famosi brani musicali: “Tequila sunrise” dei The Eagles, edito nel 1973; “Tequila sunrise” della band hip hop Cypress Hill nel 1998.La lista delle citazioni è conclusa da un omonimo film del 1988 interpretato da Mel Gibson eMichele Pfeiffer.

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1980 – Piña Colada

Il cocktail più consumato al tempo non poteva che essere eccessivo come questa decade, stiamo parlando della Piña Colada, un drink super estivo composto da rum, succo d’ananas e crema di cocco.Trovare le radici di questa bevanda non è facile, e molte sono le storie raccontate sulle sue origini. La più antica risale al 1800, quando Roberto Cofresì, un pirata, creò una miscela a base di rum bianco e ananas per alzare il morale della ciurma: la prima Piña Colada della storia, la cui ricetta si perse però nel 1825, dopo la morte di Cofresì. Altra versione è quella che vede la Piña Colada creata il 15 agosto del 1954 da Ramon “Monchito Marrero” a Porto Rico, nel bar Beachcombe dell’Hilton Caribe di San Juan. Il barman aveva avuto ordine di realizzare un drink per i palati raffinati dei clienti e, dopo 3 mesi di prove, nacque quella che oggi chiamiamo Piña Colada. Un cocktail che non balza subito agli onori della cronaca, e che diventa famoso nel 1978 grazie alla canzone “Escape” di Rupert Holmes, conosciuta come “la canzone della Piña Colada”, è da quì che si attesta la sua popolarità, non a caso vediamo questo cocktail anche nel film di Al Pacino Scarface del 1983.

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Insomma noi vi abbiamo raccontato 70 anni di cocktail e bevute spensierate, ora sta a voi fare vostre le ricette e magari utilizzare per una festa a tema vintage o semplicemente raccontare questi aneddoti tra un drink e l’altro. E mi raccomando non dimenticate di brindare alla nostra. Cheers!

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